lunedì 22 ottobre 2012

La comunicazione Gangnam Style

Negli scorsi cinque anni, a prezzo di realizzo, l’azienda paterna di Psy (al secolo Park Jae-Sang) – quotata in borsa in Corea, e specializzata in prodotti tecnologici – ha investito molto in terreni ex agricoli, limitrofi al quartiere di Gangnam – il più ricco, costoso, esclusivo di tutta la Corea.
Un successone sia il video che lo spot che ripete incessantemente “Oppa [amicizia ndr.] è lo stile di Gangnam” un quartiere friendly che non ha nulla da invidiare allo stile delle grandi metropoli occidentali che i coreani vedono solo nei film.
In tempo di crisi e contrazione delle grandi commesse tecnologiche, l’azienda paterna raddoppia la capitalizzazione di borsa grazie alla pubblicità del nome, e soprattutto del quartiere, dove adesso molti, soprattutto stranieri, si apprestano a investire nell’edilizia.
Ma la storia di questo video, della sua viralità, è anche un fenomeno di cui tenere conto.

Paesi come la Corea, ma ovviamente
non solo, hanno tutto da guadagnare nel “copiare” e rilanciare con budget molto ridotti, e soprattutto grazie alle proprie tecnologie, un modello di comunicazione tipicamente occidentale.
Usarlo non solo come attrattore di capitali, ma anche in senso di globalizzazione del proprio “stile” e di attrattore – molto più di film costosi, di campagne tradizionali, di road-show finanziari.
Nulla come un video nazional-popolare pensato per essere virale, e con un forte spin iniziale, potrà mai raggiungere a costo praticamente zero oltre 350milioni di utenti, per altro ben targettizzati, assolutamente trasversali, in tutto il mondo, con una potenziale crescita costante, e far girare uno spot dai contenuti leggeri ma che sdogana molti messaggi.
Riuscire in questa impresa non è facile, ma come dimostra la Corea non è impossibile.
È la via delle rivoluzioni, come la cd. primavera araba, è la via delle campagne impossibili, come quella del primo Obama, è la via del nuovo volto dei Repubblicani USA attraverso i tea-party, i cui effetti veri forse li vedremo tra 8 anni con un vero ricambio generazionale, ed è la via per i Paesi, come la Corea, in cerca di visibilità mondiale, e di una nuova immagine che renda il paese, le sue imprese, giovani e interessanti per il turismo e gli investimenti.
Assente in questo scenario della comunicazione globale l’Europa, che ancora discute se e quanto la banda larga sia un lusso, o un servizio universale da erogare a tutti i cittadini.
E mentre discutiamo di minime agende digitali su base regionale, il web cresce di contenuti che mostrano un mondo da cui siamo tagliati fuori.

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